lunedì 31 dicembre 2018

L'"etrusca disciplina" - Parte III (I libri rituales)


Il nucleo principale dei libri rituales era rivolto all'insieme delle attività del vivere civile. In tali libri vi si contenevano infatti -come ci riporta Festo1 - prescrizioni sui rituali di fondazione di una città, di consacrazione di altari e templi e a tutte le attività civili riguardanti il tempo di guerra e il tempo di pace. 
Così come il cielo, anche l'orbis terrarum veniva articolato secondo un sistema di coordinate astronomiche proiettate sul luogo dove sarebbe sorta la città: la moltiplicazione degli assi orientati determinava così la formazione di suddivisioni rettangolari. 


Fonte:http://www.archeobologna.beniculturali.it/marzabotto/rito_fondazione.htm

La fondazione stessa di Roma, così come ci è stata tramandata, è un'applicazione del rito etrusco: si narra infatti che i gemelli  avessero osservato il volo degli uccelli per decidere chi dei due avrebbe dovuto dare dare il nome alla città. Remo, recatosi sull'Aventino, avrebbe visto per primo sei avvoltoi, ma provenienti da destra, e quindi da parte sfavorevole; Romolo, dal Palatino, avrebbe visto, anche se più tardi, dodici avvoltoi, giunti da sinistra.2
Di rituale etrusco è anche il solco tracciato poi da Romolo, il
pomerium, un'ampia fascia di terra che non doveva essere né coltivata né edificata e che era dedicata alla divinità. 






Non solo la terra, ma la vita stessa era inserita, per gli Etruschi, in una precisa struttura classificatoria. 
"La vita umana si sviluppa entro dodici ebdomadi 3; nel corso di essa si può, con sacrifici e preghiere, differire il destino personale fino all'età di settanta anni; a partire da quel momento non è più possibile ottenere né lecito chiedere ulteriori dilazioni agli dèi. D'altra parte, a partire dall'età di ottantaquattro anni, gli uomini escono dalla loro mente, e per essi non accadono più prodigi".4
La proroga del destino, sia dei singoli, che degli stati, sembra essere una peculiarità della dottrina etrusca. 
In una concezione dove il cosmo è dominato dalla volontà divina, che si manifesta negli eventi straordinari, l'esclusione dai prodigi equivale, di fatto ad un'esclusione dall'ordine dell'universo. 
Chiaramente anche la vita delle città è definita in base ai prodigi manifestatisi nel loro dies natalis, validi per tutta la loro esistenza. 
Anche la vita di interi stati aveva una durata definita, calcolata in periodi variabili di anni, i cosiddetti saecula, che venivano computati in base alla durata della vita degli uomini più longevi in ogni singolo saeculum. Si credeva che per informare gli uomini del passaggio da un saeculum all'altro, gli dèi inviassero un prodigio. Tra questi ostenta saecularia Plutarco ci segnala l'acuto squillo di tromba che si sarebbe udito nell'88 a.C e sarebbe stato interpretato proprio come un segno di passaggio 5 o come il transito di una cometa nel 44 a.C., di cui ci da notizia Servio Mario Onorato 6.






Note:

1.W.M. Lindsay, De verborum significatu quae supersunt cum Pauli epitome, Leipzig 1913
 p. 359 "Rituales nominantur Etruscorum libri, in quibus scriptum est, quo ritu urbes condantur, arae aedesque sacrentur, curiae, tribus et centuriae distribuantur" (http://www.alim.dfll.univr.it)


2. Ennio, Annales, Liber I.
Curantes magna cum cura cumcupientes               80

Regni dant operam simul auspicio augurioque.

**********************************
[Hinc] Remus auspicio se devovet atque secundam

Solus avem servat. at Romulus pulcher in alto

Quaerit Aventino, servat genus altivolantum.                85

Certabant urbem Romam Remoramne vocarent. 

Omnibus cura viris uter esset induperator.

Expectant vel uti, consul cum mittere signum

Volt, omnes avidi spectant ad carceris oras,

Quam mox emittat pictis e faucibus currus:               90

Sic expectabat populus atque ora tenebat
Rebus, utri magni victoria sit data regni.
Interea sol albus recessit in infera noctis.
Exin candida se radiis dedit icta foras lux.
Et simul ex alto longe pulcherruma praepes               95
Laeva volavit avis: simul aureus exoritur sol.
Cedunt de caelo ter quattor corpora sancta
Avium, praepetibus sese pulchrisque locis dant.
Conspicit inde sibi data Romulus esse priora,
Auspicio regni stabilita scamna locumque.

3. Un periodo di sette anni.

4. Censorino, De Die Natali Liber, libro XIV
Etruscis quoque libris fatalibus aetatem hominis duodecim hebdomadibus discribi Varro commemorat; quae dum annos habent quattuor et octoginta, tamen homines aetatem suam ad decies septenos 
 annos posse fatalia deprecando rebus divinis proferre, ab anno autem LXX nec postulari debere nec posse ab deis impetrari; ceterum post annos LXXXIIIIa mente sua homines abire, neque his fieri prodigia. 

5. Plutarco, Silla, 7

6. Servio Mario Onorato, Commentarii in Vergilii Bucolica Libro IX, v.46












(https://archive.org/details/serviigrammatic01thilgoog/page/n138)


Bibliografia:
Etruschi: una nuova immagine, a cura di M.Cristofani, Giunti, 2000

sabato 15 dicembre 2018

Domus Aurea, una villa suburbana nel cuore di Roma

«Finalmente comincerò ad abitare come un uomo!»1


Circolava un epigramma all’epoca di Nerone, segno del malumore popolare per l’alienazione di buona parte del settore urbano sud orientale, che diceva: «Roma diventerà la sua casa: emigrate a Veio, o Quiriti, sempre che questa casa non occupi anche Veio!»2  Le ricerche di C.C Van Essen – e le sue conclusioni sono state generalmente accettate- stabiliscono le misure del complesso a 80 ettari circa,3 andando ad occupare un’area che comprendeva Palatino, Velia,  Esquilino, Oppio e Celio, inglobando il tempio del Divo Claudio trasformato in ninfeo monumentale.  Si trattava di un’area pari al ventisette per cento dell’intera città chiusa entro le mura serviane.

1. Planimetria generale degli edifici e delle strutture attribuibili alla Domus Aurea (in rosso) in E. SEGALA – I. SCIORTINO, Domus Aurea, 1999, pp. 8, 9 


La Domus Aurea non era una residenza unitaria, bensì composta da una serie di nuclei: l’immenso complesso si affacciava sullo stagnum, un bacino artificiale quadrangolare, punto focale dell’intera costruzione, posto nella convalle tra Palatino ed Esquilino e alimentato dall’acquedotto Celimontano (fig. 1). Il fatto che nel totale naufragio dei nomi ci vengono ricordati quelli di Severo e Celere per la parte architettonica e di Fabullo per la parte pittorica, ci indica l’importanza di questa residenza. Anche se c’è chi sostiene che i nomi di costoro siano allusivi alla responsabilità e velocità con cui dovettero essere condotti i lavori: già nel 66 d.C. infatti l’Imperatore si insediava nella sua nuova residenza.
La costruzione della Domus fu una vera e propria operazione di architettura del paesaggio, a causa delle grandiose opere di taglio e contenimento dei colli, come per le pendici sud della Velia e quelle nord del Palatino, tra le quali venne collocato il Vestibolo; o anche per il giardino pensile nell’area nord-ovest del Palatino, che si affacciava sul Foro. I vari edifici del complesso e i dislivelli del terreno dovevano essere raccordati tramite monumentali vie porticate.
Era una città dentro la città, anzi, erano idillici paesaggi agresti con flora e fauna dentro una città, accanto alle più sofisticate architetture.  Il complesso – scrive Svetonio - era così ampio da comprendere portici a tre bracci e uno stagno «che sembrava un mare»4 e poi vigne, pascoli e boschi, in cui animali domestici e selvatici, zone per la caccia, ma anche per l’allevamento.
Tacito e Svetonio ci dicono che conteneva anche gli Horti Lamiani –dell’epoca di Caligola – e gli Horti Maecenatis, parte dell’eredità di Mecenate ad Augusto e quindi di possesso imperiale da alcuni decenni.  Come ci informa Plinio, nel parco era presente anche un tempio, quello della Fortuna Seiani,  interamente costruito in un raro alabastro proveniente dalla Cappadocia, il quale era tanto splendente che Plinio scrive:«grazie alla pietra, anche quando le porte erano chiuse, c’era dentro a esso un chiarore come del giorno».5
La Domus Aurea era un gioco di luci: i pavimenti erano del sontuoso opus sectile, mentre le pareti erano rivestite da ortostati in marmi colorati. La luce invadeva gli ambienti illuminando rivestimenti marmorei e facendo brillare le foglie d’oro sugli affreschi e sugli stucchi.
Inoltre creava giochi e riverberi sull’acqua delle fontane. Svetonio scrive che ogni cosa era ricoperta d’oro e abbellita con gemme e madreperla.6 «La ricchezza delle applicazioni in foglia d’oro e lo sfarzo dei marmi preziosi, dovevano, col favore del sole, rendere la sfavillante aurea dimora degna dell’imperatore, assimilato egli stesso al Sole-Helios».7
Architettonicamente il modello che seguiva la Domus era quello delle ville suburbane del periodo tardo repubblicano e dei primi anni dell’impero, in particolare della villa marittima campana, che era caratterizzata da una distribuzione sparsa degli edifici, inseriti nel paesaggio, con viste panoramiche sul mare attraverso terrazze, portici, giardini.8 E proprio a Baia, nel golfo di Pozzuoli, Nerone possedeva un’altra residenza.
Il medesimo rapporto villa-paesaggio lo si trova proprio nella domus neroniana, che è appunto costruita su alture, collegata alla valle dello stagnum con una serie di terrazzamenti.Severo e Celere portano dunque questa concezione della villa suburbana su una scala grandiosa,  nel cuore della città: la creazione dello stagnum è probabilmente un tentativo di ricreare il paesaggio marino anche all’interno di Roma.
Il mondo romano aveva già acquisito, negli anni delle guerre di conquista, la moda ellenistica dei grandi peristili colonnati, dei regali saloni di rappresentanza e dei lussureggianti giardini esotici, introdotta a partire dalla fine del II secolo a.C. nelle ricche case di città come nelle lussuose ville di campagna, pure del tutto innovativa risultò la concezione d’insieme della Domus Aurea, nelle proporzioni e nel lusso degli ornamenti, per questo accostabile solo alle regge dinastiche orientali e ai palazzi di corte di Alessandria d’Egitto.
La costruzione della Domus Aurea era probabilmente da imputarsi ad una necessità politica, prima che a vanità e passione per il lusso «A Roma giungevano infatti monarchi stranieri, alleati o vassalli, molti dei quali abituati allo stile di vita dei regni ellenistici e orientali. A questi modelli principeschi si ispirava ideologicamente il progetto (…)».10 
Nulla di simile si era visto prima a Roma né mai si vedrà dopo. 
Augusto si era limitato a riunire in modo organico delle case repubblicane e non si spese in ingrandimenti eccessivi ed abbellimenti sfarzosi, dovendo dare di sé quell’immagine di primus inter pares, caposaldo del suo programma politico, una monarchia mascherata da repubblica.  Anche i successivi imperatori si erano accontentati del Palatino. E’ solo con Nerone che il progetto si fa così ampio, portandolo dapprima a collegare i possedimenti imperiali sul Palatino con gli horti Maecenatis sull’Esquilino: questa residenza la chiamò Transitoria, ossia “di passaggio”. La successiva Domus Aurea può essere vista come un suo ulteriore ampliamento ed arricchimento: infatti Svetonio scrive: «Si fece erigere una casa che dal Palatino andava fino all’Esquilino; la chiamò dapprima transitoria e in seguito, quando un incendio la distrusse, la fece ricostruire e la chiamò aurea».11
La parte più cospicua conservataci della Domus Transitoria è costituita dai cosiddetti “bagni di Livia”, un ninfeo la cui intera superficie era rivestita di preziosi marmi colorati, tranne le volte a botte che vennero stuccate, affrescate, dorate e ornate con gemme incastonate di finti lapislazzuli. Impianto e decorazione del complesso presentano una simmetria rigorosa: sono raffigurate scene epiche in un finto cassettonato delle volte in stile classicheggiante. La pavimentazione era in opus sectile.12
Purtroppo le successive radicali ristrutturazione di questa zona non lasciarono molto dell’originario complesso, tanto che sulla sua effettiva articolazione ancora si dibatte.  Nonostante le molte incertezze, appare evidente che il padiglione sull’Oppio, unico dell’antica Domus sopravvissuto in buono stato di conservazione, fosse solo la minima parte di una grande scenografia urbana; edificio salvatosi grazie alla scelta di Traiano di utilizzare le strutture neroniane come sostruzioni delle sue terme.
Sembra che il Palatino costituisse il settore pubblico, dove l’Imperatore svolgeva le sue attività, mentre l’Esquilino era pensato come settore privato.
Gli scavi archeologici hanno rivelato che nella valle tra l’Oppio e il Celio dopo l’incendio e fino alla piena età flavia non vi fa alcuna attività edilizia, indizio plausibilissimo di una destinazione a giardino. Ma l’unione dei giardini di Mecenate al Celio dovette comportare la deviazione di tutti i percorsi che innervavano l’area, in primis la via Labicana, ma anche il prolungamento della Sacra via:13 la Domus Aurea fa propria una parte della città spostando oltre i suoi confini le vecchie strutture viarie. 14
In seguito alla damnatio memoriae cui fu destinato il suo creatore, la “casa dorata” fu spogliata dei suoi marmi e delle sue opere d’arte. Di quella grandiosa opera non sono tornati alla luce che pochi resti: ad eccezione di una parte più consistente -quella su Colle Oppio – non rimangono che labili tracce sugli altri colli.  Sono stati riportati alla luce in corrispondenza della Velia il fronte orientale dell’atrio-vestibolo, in prossimità del Colosso due blocchi edilizi paralleli al lago che si configurano –secondo la ricostruzione di A. Panella – come sostruzioni di terrazze e aree porticate scenograficamente disposte intorno allo specchio d’acqua; sul Palatino sono state rivenute le fondazioni dei portici che accompagnavano la salita verso il Foro e di una terrazza che regolarizzava il primo salto di quota tra valle e collina.15 Sempre su questo colle, sulla terrazza dell’ex Vigna Barberini, è stato rinvenuto un edificio rotondo che si pensa possa essere la coenatio rotunda citata da Svetonio.  Altri due ambienti sono stati rinvenuti sotto la Domus Flavia.
Una progressiva restituzione alla città delle aree occupate dalla Domus Aurea fu attuata a partire da Vespasiano. Gli ambienti che dovevano servire da sostruzioni alle terrazze che collegavano l’atrio allo stagnum vennero rasati e riempiti di macerie per realizzare l’innalzamento del terreno necessario alla realizzazione dell’Anfiteatro Flavio.  Il padiglione dell’Oppio fu utilizzato per la costruzione delle terme di Traiano.  Successivamente Adriano inaugurò il tempio di Venere e Roma, innalzandolo sopra il vestibolo neroniano, che potrebbe averne condizionato la planimetria. 16

Domus Aurea, scoperto un nuovo ambiente - su PeriodicoDaily

Note:
1. SUET.VI, 31
2. Ivi, 39
3.VAN ESSEN 1954, pp. 371 – 398; MOORMAN 1998, p. 345
4. SUET., VI, 31
5. PLIN., XXXVI, 163
6. SUET., VI, 31
7. SCIORTINO 1999 p. 74
8. SEGALA 1999 p. 13
9. E’ caratteristica delle ville tardo repubblicane ed alto imperiali uno stretto ed inscindibile rapporto col paesaggio: per la loro costruzione si scelgono infatti posizioni elevate e gli edifici sono scenograficamente  disposti su terrazze.
10.Guida archeologica di Roma 2007, p.246
11. SUET., VI, 31
12. DE VOS 1995, p. 200
13. VISCOGLIOSI 2011, p. 157
14. C. PANELLA 1995, p. 52
15. C. PANELLA 2011, p. 161
16.SEGALA 1999, pp. 14, 15





Bibliografia
Guida Archeologica di Roma 2007
A. CASSATELLA, Domus Aurea: complesso del Palatino in Lexicon Topographicum Urbis Romae, vol. II, D – G, a cura di Steinby E.M., Roma, 1995, pp. 63 -64 
GAIO SVETONIO TRANQUILLO, De vita duodecim Caesarum 
C.C. VAN ESSEN, La topographie de la Domus Aurea Neronis, 1954, pp. 371-398  
E.M. MOORMAN, “Vivere come un uomo”. L’uso dello spazio nella Domus Aurea in Horti Romani – atti del convegno internazionale, Roma 4 – 6 maggio 1995, a cura di Maddalena Cima ed Eugenio La Rocca, Roma, 1998, pp. 345 – 361 
PLINIO IL VECCHIO, Naturalis Historia 
E. SEGALA, I. SCIORTINO, Domus Aurea, Milano, 1999 
M. DE VOS, Domus Transitoria in Lexicon Topographicum Urbis Romae, vol. II, D – G, a cura di Steinby E.M. , Roma, 1995, pp. 199 – 202 
A. VISCOGLIOSI, La Domus Aurea in Nerone, a cura di Maria Antonietta Tomei e Rossella Rea, 2011, Milano, pp. 156 – 159 
C. PANELLA, La Domus Aurea nella valle del Colosseo e sulle pendici della Velia e del Palatino, in  Nerone, a cura di Maria Antonietta Tomei e Rossella Rea, 2011, Milano, pp. 160 - 169