venerdì 21 settembre 2018

Nerone, una breve biografia

Una cattiva fama ha accompagnato Nerone nel corso dei secoli, complice una storiografia a lui ostile - che lo ha dipinto come pazzo, incendiario, dissoluto, assassino, esibizionista, anticristo 1 - e una mancata storicizzazione della sua vicenda. Certamente fu un personaggio singolare: fu un imperatore dedito agli eccessi, un esibizionista e probabilmente uno psicolabile schiacciato da una madre autoritaria e poi dall’enorme peso che gli era stato scaricato sulle spalle appena diciassettenne.2 Fu però anche un abile uomo di Stato. La storiografia moderna ha infatti riabilitato questo personaggio - a volte perfino all’eccesso - mettendo in risalto gli aspetti innovativi della sua politica. Non sempre Nerone seguì solo i sui capricci: fu uno stratega e un tattico e il suo squilibrio psichico non è separabile dal modello di governo che cercò d’imporre.3 Durante i quattordici anni del suo regno l’Impero conobbe un periodo di pace, di prosperità, dinamismo economico e culturale, tanto che durante il regno di Traiano, a trent’anni dalla morte di Nerone, Dione Crisostomo scrive: «Ancora adesso tutti si augurano che egli sia ancora in vita: in realtà molti credono che lo sia».4 Traiano stesso ricordava –secondo quanto affermato da un vecchio epitomatore 5 - i primi cinque anni del suo regno come un capitolo esemplare della storia romana, anche se non sappiamo quanto sia stata diretta la sua influenza sugli affari politici. Inoltre siamo ancora in un periodo in cui l’Imperatore rispettava le tradizionali prerogative del Senato e forse anche da questo deriva il giudizio positivo di questo quinquennium Neronis, come fu definito. 6







Lucio Domizio Enobarbo, conosciuto come Nerone, nacque ad Anzio il 15 dicembre del 37 d.C. Restò orfano di padre, Gneo Domizio Enobarbo, quando non aveva ancora compiuto i tre anni. Crebbe con la zia Domitia Lepida, poiché la madre Giulia Agrippina era confinata sull’isola di Ponza.7 Il giovane Nerone, che era stato cresciuto in mezzo agli schiavi (la zia lo aveva affidato alle cure di un ballerino e di un barbiere egiziano) e che si interessava di musica, letteratura, teatro, corse di cavalli, poesia, si troverà ad un certo punto proiettato in un posto di grande responsabilità, a causa delle ambizioni della madre Agrippina che, una volta rientrata dall’esilio, ne aveva preso in mano l’educazione. Questa aveva affidato il figlio a Lucio Anneo Seneca, un esponente di primo piano della nobiltà provinciale e grande intellettuale, fatto richiamare dall’esilio in Corsica a cui l’aveva destinato Claudio.8 Prima di Seneca altri designati dalla madre si erano occupati della sua educazione: l’influenza dei due liberti greci, Aniceto e Berillo e in seguito di Cheremone, un sacerdote egizio che era stato direttore del museo di Alessandria, fu certamente determinante nell’indirizzarlo verso quel filoellenismo che avrebbe caratterizzato così fortemente la sua politica.9 Nel frattempo l’ambiziosa Agrippina aveva sposato Claudio, rimasto vedovo dopo aver fatto assassinare la moglie Messalina, da cui aveva avuto due figli: Britannico e Ottavia. Il matrimonio era avvenuto ugualmente nonostante la parentela fra i due: Claudio era infatti lo zio paterno di Agrippina. 
Quest’ultima acquistò in breve tempo un grande potere. Tacito scrive: «Da quel momento l’ordine della città fu sovvertito: tutto si muoveva al cenno di una donna, che tuttavia non si prendeva gioco delle cose di Roma con dissoluta sfrenatezza, come aveva fatto Messalina. Agrippina impose un rigido servaggio con energia quasi virile: una palese austerità e più spesso un’arrogante superbia; in casa nessuna dissoluta inverecondia se non quanta potesse esserle utile a dominare. Giustificava poi la sua sfrenata brama di oro col pretesto di provvedere di mezzi lo Stato».10

Tessendo la sua tela per portare il figlio al trono, persuase Claudio a promettere in sposa la propria figlia Ottavia a Lucio. Il 25 febbraio del 50 d.C. Claudio adottò il giovane,11 firmando così la sua condanna a morte. E’ vero che la successione sarebbe spettata al primo figlio Britannico, ma anche su questo lavorò Agrippina, cercando di portare Nerone in una posizione più favorevole. Quando ormai questi ebbe guadagnato prestigio e favore presso il popolo, Agrippina fece uccidere Claudio. 
Con un delitto iniziò il regno di Nerone, che viene proclamato imperator dalle coorti.

Nerone divenne imperatore giovanissimo, il 13 ottobre del 54 d.C. quando ancora non aveva compiuto i diciassette anni. La salita al trono di questo ragazzo fu salutata con grande entusiasmo sia dal popolo che dai senatori, i quali vedevano in lui il restauratore del loro primato. Il primo periodo di regno fu infatti segnato da una politica di rispetto per le prerogative del senato - il suo primo discorso, scritto da Seneca, fu ispirato a grande moderazione e cautela -e da una buona gestione degli affari di Stato. Nel 53 d.C. Nerone aveva sposato Ottavia –che era molto amata dal popolo – ma poi si innamorò dapprima di una liberta, Atte e qualche anno dopo prese come amante la moglie di Salvio Otone, Poppea Sabina, per sposarla nel 62 d.C. dopo aver ripudiato Ottavia ed averla fatta uccidere. 
Se fino a quel momento l’influsso di Agrippina era stato forte, ci fu nell’atteggiamento di Nerone una svolta in senso autocratico: stanco di stare sotto la sua tutela, uccise la madre che si opponeva al ripudio di Ottavia e un paio d’anni dopo morì anche il prefetto del pretorio Sesto Afranio Burro, sostituito da Tigellino. Poco dopo Seneca, in seguito alla scoperta della congiura dei Pisoni fu costretto ad uccidersi. Nerone si era così liberato della madre, di un prefetto del pretorio agli ordini di quest’ultima e di un precettore ormai scomodo.

Durante il suo regno, Nerone fu autore di molte importanti riforme. Ricordiamo quella monetaria che realizzò nel 64 d.C., diminuendo il peso della moneta d’oro, di quella d’argento e anche il contenuto di metallo fino del denarius argenteo, così si poteva coniare un maggior numero di monete da un’invariata quantità di metallo. Quali siano state le motivazioni e le finalità del provvedimento non è chiaro.12

Le riforme di questo imperatore non riguardarono solo l’ambito economico, ma anche quello edilizio, con l’attuazione di una vera e propria riforma urbanistica di Roma, mentre dal punto di vista militare è importante ricordare le campagne condotte dal generale Corbulone contro i Parti che ebbero come esito, nel 63 d.C., il riconoscimento dell’Armenia come vassallo di Roma.

La politica di Nerone si era rivolta a favorire il popolo, di cui conquistò i favori tramite elargizioni e giochi nel circo, e a diminuire il potere dei senatori. Ricordiamo l’azione che nel 57 d.C. tolse la tesoreria (l’aerarium Saturni) al Senato e il progetto -non attuato - di riforma fiscale dell’abolizione delle tasse indirette chiamate portoria, che si pagavano principalmente nei porti.13 L’abolizione dei dazi avrebbe però danneggiato i grandi proprietari terrieri, cioè i senatori e gli appaltatori delle tasse, i pubblicani. Inoltre Nerone andava rafforzando la sua concezione assolutistica del potere e aveva iniziato a rappresentare se stesso come il Sole. Si stava creando una frattura insanabile. 14

Nel 65 d.C. venne scoperta una congiura per uccidere l’Imperatore ed eleggere al suo posto il senatore Gaio Calpurnio Pisone: i congiurati erano senatori e cavalieri, appoggiati da ufficiali della guardia pretoriana. Negli anni successivi Nerone compì un lungo viaggio in Grecia, della quale proclamò demagogicamente la libertà, consistente solo in un’immunità fiscale. A portare alla conclusione del suo principato, nel 68 d.C., fu necessaria una sollevazione militare.15 Quando il senato e le coorti pretorie riconobbero come imperatore Galba, legato della Terraconense, la sorte di Nerone fu segnata: dichiarato hostis publicus, dapprima fuggì e poi mise fine alla sua vita, facendosi aiutare da un liberto. A causare la sua fine furono le frequenti stravaganze, le condanne a morte di molti senatori, i sospetti sull’incendio del 64 d.C.

Ecco come Svetonio conclude la vicenda di Nerone: «Morì nel suo trentaduesimo anno d'età, nel giorno stesso in cui, in passato, aveva fatto uccidere Ottavia; e tanto grande fu la pubblica gioia che il popolo scese in strada con il pileo 16 in testa. Eppure non mancarono le persone che, per lungo tempo, adornarono la sua tomba con fiori dell’estate e con quelli della primavera, e che esposero ai Rostri delle sue statue vestite con la pretesta, e dei suoi editti in cui, come se fosse stato ancora vivo, dichiarava che tra poco sarebbe tornato con grave danno per i propri nemici».17 E ancora nella tarda antichità Nerone –insieme a Caligola –veniva ricordato sui “contorniati”, pseudo monete connesse con lo svolgimento dei giochi.18 Con la sua morte trovò la sua fine la dinastia Giulio-Claudia.




9 giugno 68, muore l'imperatore che volle essere il Sole, su PeriodicoDaily


Note:
1. L’appellativo con cui fu definito dalla cerchia degli scrittori cristiani è riconducibile alla sua figura di persecutore, ma non solo: anche il fatto che si fosse proclamato salvatore del mondo –quando è Cristo ad esserlo – non era certo ben tollerato dagli ambienti cristiani. Inoltre addizionando le cifre corrispondenti alle lettere della trascrizione in ebraico del nome di Nerone Cesare –secondo la ghematria, un metodo in uso nel mondo ebraico – si otteneva il 666, il numero della Bestia. Lattanzio, sant’Agostino e Giovanni Crisostomo combatterono questa tesi, ma l’identificazione di Nerone con l’Anticristo perdurò per tutto il Medioevo. Persino il cinema ne dava l’immagine di un pazzo folle e sanguinario, persecutore dei cristiani, che aveva dato fuoco a Roma per puro piacere.
2. FINI 2009, p. 15
3. CIZEK 1986, pp. 17, 18
4. DIO. CRIS. I, 9
5. AUR. VICT., V, 2
6. MALITZ 2003, pp. 23,24
7. Agrippina Minore era figlia di Germanico e di Agrippina Maggiore e sorella dell’imperatore Caligola. Da questi fu esiliata in seguito alla scoperta di una congiura nei suoi confronti, quando Nerone era ancora un bambino.
8. Con quest’atto contava anche di legare a sé non solo Seneca, ma anche l’ambiente senatorio da cui proveniva; così come Afranio Burro, il prefetto del pretorio che affiancava Nerone, proveniva dall’ambiente equestre: i due ordines che formavano la classe dirigente dell’Impero concorrevano così nella gestione di un principato che conciliasse la monarchia con quel che poteva restare dell’antica libertas (LO CASCIO 2004, P. 311)
9. FINI 2009, p. 23; CIZEK 1986, p. 24, 25
10. TAC., XII, 7
11. Lucio Domizio Enobarbo assunse così il nome completo di Claudio Nerone Cesare, o anche Nerone Claudio Cesare Druso Germanico.
12. LO CASCIO 2004, p. 312
13. Dazi doganali cui erano sottoposte le merci tanto all’entrata quanto all’uscita dei dieci distretti in cui era diviso l’Impero fin dai tempi di Tiberio.
14. LEVI 1995, pp. 161, 162
15. LO CASCIO 2004, p. 313
16. Il berretto degli schiavi liberati.
17. SUET., VI, 57
18. LO CASCIO 2004, p. 314

Bibliografia:
E. CIZEK, La Roma di Nerone, Milano, 1986
E. LO CASCIO, Da Tiberio alla fine della dinastia Giulio – Claudia in Introduzione alla storia di Roma, Milano, 2004, pp. 303 -314
 J. MALITZ, Nerone, Bologna 2003
 M. GRANT,  Gli imperatori romani – storia e segreti, Roma, 2004
 M. A. LEVI, Nerone e i suoi tempi, Milano, 1995
 M. FINI, Nerone –duemila anni di calunnie, 2009 

venerdì 14 settembre 2018

A questi Monti, e Cappelle divote...

Sono viaggi nel tempo, sacre rappresentazioni scolpite e dipinte, baluardi di fede.

«A questi Monti, e Cappelle divote,
Ch'in brieve tempo il tutto si circonda,
Dalle Terre vicine, e da rimote
un diluvio di gente ogn'hor inonda,
Sol per mirar, e contemplar le note;
Ove di Christo illustre gratia abbonda.
E qual formiche con industria, e arte
Del frutto ogn'un à casa porta parte
Iddio dall'alto Cielo i Monti mira,
E quie frà gli altri, dove egli honorato:
Quivi più dolce, e viva l'aura spira,
Ove nei Tempij il suo culto è mostrato.
Ivi sua gratia più abbondante inspira,
Ove in sacre pitture è più lodato.
O Sacri Monti di Varese, e Arona
d'Horta, e Varallo in voi qual ben si dona»

Così ne scrive Bartolomeo Manino, curato di Pisogno, località non lontana dal Lago d'Orta, in uno libro uscito nel 1628.

Sono i Sacri Monti, fenomeno che si sviluppa tra la fine del XV e la fine del XVII secolo. E' a Bernardino Caimi che si deve l'idea di portare Gerusalemme in Italia, in particolare a Varallo. Non a caso, il Caimi era un francescano: i frati Francescani sono infatti tradizionalmente i custodi di Terrasanta.
Non tutti avevano la possibilità recarvisi pellegrini personalmente e inoltre, quando nel 1453 i Turchi Ottomani, guidati dal sultano Maometto II, conquistano Costantinopoli, capitale dell'Impero Romano d'Oriente, i pellegrinaggi verso i luoghi della vita e della Passione di Gesù diventano impraticabili. Rientrato dalla Terrasanta, il Caimi sente dunque l'esigenza di creare un luogo di pellegrinaggio alternativo, una Gerusalemme alternativa, una Terrasanta in miniatura.
Fonte:Wikipedia, alla voce "Sacro Monte di Varallo"

Il Sacro Monte di Varallo sarà poi modello per la realizzazione architettonica ed urbanistica di altri sacri monti, come quello di Oropa, dedicato alla Madonna, quello sui Misteri del Rosario a Varese, quello con la storia di San Francesco ad Orta, quello ad Arona su San Carlo Borromeo.


S. Girolamo in una lettera a Desiderio scriveva:"Adorasse ubi steterunt pedes domini pars fidei est; et quasi recentia nativitatis et crucis ac passionis vidisse vestigia". Secondo Pier Giorgio Longo queste parole di San Gerolamo, a cui il Caimi era assai devoto, indicano il significato più profondo della fondazione del Sacro Monte:"atto di fede, realizzato attraverso l'attuazione varallese dei Luoghi Santi di Palestina, che confermano e provano, così tangibilmente la stessa fede cristiana"1

Fonte:Wikipedia, alla voce "Sacro Monte di Varallo"


Fonte:Wikipedia, alla voce "Sacro Monte di Varallo"



Il Sacro Monte di Varallo vede dispiegarsi nelle sue cappelle, in scultura e pittura, la storia della salvezza: nella prima cappella vi è la rappresentazione del peccato originale, antefatto e motivo del sacrificio di Cristo: al centro della cappella Adamo, Eva, l'albero, il serpente, la mela.






Nella seconda troviamo rappresentata l'Annunciazione, fino ad arrivare attraverso gli episodi più significativi della vita di Cristo, alla sua Passione e alla sua resurrezione, illustrata non più dai soliti apparati scultorei e pittorici, ma da una fontana, che non è semplice elemento ornamentale o funzionale -in questi luoghi niente è lasciato al caso e l'intero percorso, fin nei suoi dettagli, è portatore di significati teologici – al di sopra della vasca, sui cui si innalza la statua del Cristo, infatti, si aprono cinque getti d'acqua che ricordano al pellegrino come le cinque piaghe di Cristo siano fonte di abbondanza e Grazia, come l'acqua sgorgata dal suo costato, colpito dalla lancia.


Fontana della resurrezione su una guida del 1657

L'esegesi biblica identifica quest'acqua anche con la fonte d'acqua viva, simbolo della
salvezza, che sgorga nella Gerusalemme Celeste, descritta nell'Apocalisse di San Giovanni.
Nei giardini monastici al centro del chiostro vi era sempre un pozzo o una fontana, da cui si dipartivano quattro viali, a rappresentare i quattro fumi dell'Eden, al cui centro vi era l'albero della vita, ossia la croce di Cristo, il cui sangue va ad irrorare la terra.
Presso il Sacro Monte di Varese, dedicato ai 15 Misteri del Rosario, una fontana si trova accanto ad ogni arco d'ingresso al gruppo di Misteri. Dopo la quattordicesima e ultima cappella, si trova la cosiddetta "fontana del Mosé", il quale è nell'atto di far scaturire l'acqua dalla rupe del monte Oreb.

I sacri monti sono infatti un esempio di didattica religiosa, chiara è l'intenzione pedagogica: il pellegrino, visitando le cappelle e meditando su ciò che vede scolpito di fronte ai suoi occhi, si immedesima maggiormente. Il potere delle immagini suscita infatti in lui commozione e grande partecipazione emotiva.

La scelta dello stesso monte non ha semplice finalità panoramico-paesaggistica, ma richiama un cammino penitenziale, di ascesi (e neanche è un caso che i Sacri Monti si concentrino sulla catena alpina, soprattutto nella parte nord-ovest, zona della diocesi di Milano, una delle più sensibili al Protestantesimo).
Il pellegrinaggio è infatti percorso devozionale e penitenziale che, attraverso le varie tappe, la salita, la fatica, trova il suo culmine nel Santuario.

Una guida del 1657



In questi luoghi di devozione neppure i più semplici elementi decorativi sono lasciati al caso o al loro significato meramente estetico: ogni dettaglio ha un significato, come un delfino che era simbolo di vita (nel mondo antico si narra spesso di persone salvate da delfini), o una conchiglia, che non è semplice elemento ornamentale, ma un riferimento al pellegrinaggio di Santiago. Tutto nei Sacri Monti è invito a meditare su un argomento di fede. 

Lo è il monte stesso. 
Sono catechismi scolpiti e memorie di luoghi santi e vite di santi. 









1.G. Longo, Alle origini del Sacro Monte di Varallo: la proposta religiosa di Bernardino Caimi, , in "Novarien" n. 14/1984, pp. 53-59.










Bibliografia

Dialogo sopra i misteri del sacro monte di Varallo, Pier Pietro Ravelli, 1627
Sacri Monti e dintorni -studi sulla cultura religiosa e artistica della Controriforma -di Luigi Zanzi, Jaca Book, 2005
G. Longo, Alle origini del Sacro Monte di Varallo: la proposta religiosa di Bernardino Caimi, , in "Novarien" n. 14/1984,
Maria Luisa Gatti Perer in Arte, Religione, Comunità nell'Italia Rinascimentale e Barocca -Atti del Convegno di Studi sul Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno, a cura di Lucia Saccardo e Danilo Zardin, Vita e Pensiero, 2000
Da pellegrini sui Sacri Monti -Guida pratica e spirituale, Francesca Cosi, Alessandra Repossi, Ancora, 2010.