sabato 26 febbraio 2022

La prima basilica cristiana

 Propriamente detta del SS.Salvatore e dei Ss.Giovanni Battista ed Evangelista, è la cattedrale di Roma. Stiamo parlando della chiesa di San Giovanni in Laterano.

L'imponente facciata attuale risale al 1732-35 ed è opera del Galilei e le statue che ne coronano la balaustra sono di Cristo, dei Ss. Giovanni Battista ed Evangelista e dei Dottori della Chiesa.
Tale facciata è svuotata in basso dal portico architravato e in alto dalla loggia ad arcate, che è trasposizione dell'invenzione cortonescadi S. Maria in via Lata2.




L'interno basilicale a 5 navate si presenta nel rifacimento del Borromini3, al quale si devono anche le sistemazioni dei più antichi monumenti funebri e le cappelle laterali. 

L'impianto originario di questa famosa basilica non è però seicentesco: si tratta infatti di fondazione costantiniana ed è solo a fine VI che assume l'attuale titolazione (anche per via dell'immagine acheropita del Sacro Volto custodita nella vicina cappella di S. Lorenzo in Palatino).

"E' del tutto probabile(..)che una vera architettura basilicale cristiana sia nata soltanto con Costantino, pur se non si può escludere che qualche edificio precostantiniano possa aver fornito eventuali spunti per lo sviluppo della planimetria e dell'alzato della prima grande basilica del mondo cristiano"4

Già a partire da Leon Battista Alberti, molti eruditi si sono cimentati con il tema dell'origine della basilica cristiana, dando però per scontato che ogni architettura dovesse ispirarsi comunque a precedenti edifici da considerare come modelli di riferimento.

Nella progettazione di un'opera architettonica, infatti, il primo elemento condizionante è la funzione cui l'edificio è destinato. Siamo qui in presenza di spazi con una un uso del tutto nuovo, di un culto del tutto nuovo, quello cristiano. Non saremmo quindi in presenza di una mera imitazione delle basiliche del mondo pagano, ma di un edificio così concepito per perseguire un preciso scopo.
Il luogo di questo culto doveva infatti contenere un numero enorme di persone e in esso doveva svolgersi  una cerimonia che aveva il suo fulcro non al centro, bensì nel polo terminale di una struttura longitudinale. Una tale aula rettangolare absidata ricorda le grandi aree tricilinari in voga in quell'epoca: in effetti essendo proprio un sacro convito che andava celebrandosi nel culto cristiano, ciò avrà suscitato nell'architetto proprio l'immagine delle aule tricilinari.
Il tipo di copertura, con tetto a spiovente, doveva essere inevitabile per un edificio di tal forma: la larghezza massima di una navata non poteva superare di molto i 25 m circa, in coerenza con le massime lunghezze ottenibili per le travi trasversali maggiori anche da alberi di altissimo fusto. Le navate poi dovevano essere in numero dispari, poiché la navata centrale, che era la più larga, doveva emergere rispetto alle altre per dare luce alla zona più importante dell'edificio. Inoltre poiché i fedeli dovevano aver modo di guardare verso il polo presbiteriale, i muri di partizione longitudinale, dovevano essere "permeabili" nella parte bassa e quindi poggiare necessariamente su sostegni più sottili possibili: le colonne dunque erano certo preferibili ai più massicci pilastri tipici delle basiliche civili del mondo romano, che non avevano la necessità di un permeabilità visiva in direzione obliqua. Qui però le colonne con architrave furono poste solo nella navata centrale, dove i muri più alti e quindi più pesanti consigliavano quel tipo di sostegni: nelle navatelle laterali si volle invece tentare un'innovazione che presentava dei vantaggi in quel senso: si preferirono  partizioni a colonne sormontate da arcate in laterizio, che potevano anche permettere una maggiore distanza tra le colonne e quindi una maggiore "trasparenza".


Assonometria ricostruttiva della fase costantiniana, da BRANDENBURG 2004
(in Lezioni di Archeolgia Cristiana)

Francesco Borromini si preoccupò di rilevare, prima della deprecabile distruzione, l'aspetto e la proporzione di un tratto di colonnato originario nella sua proporzione reale, che si arricchiva anche di una sorta di pulvini.
 
Quella della basilica Lateranense risulterebbe dunque essere una soluzione decisamente nuova anche perché, associata con la struttura laterizia, permetteva una maggiore elevazione dei muri sovrastanti e corrispondeva ad un'indiscutibile eleganza della struttura architettonica.

Un altro aspetto piuttosto innovativo della realizzazione lateranense è certo la notevole altezza della navata centrale rispetto alle laterali e ad un'altrettanto insolita parete terminale decisamente emergente nella quale si aprivano finestre ampie e numerose. Le basiliche civili a più navate di età classica sembra avessero infatti una limitatissima emergenza nella parte centrale. 5

Come detto all'inizio l'architettura e decorazioni attuali sono frutto di interventi di secoli (la basilica ha subito numerosi saccheggi e danneggiamenti nel corso della sua storia);

La porta centrale del portico ha i battenti dell'antica Curia Iulia presso il Foro romano, ma trasformati attorno al 1600 con l'aggiunta delle fasce di contorno (possono vedersi stemmi di Alessandro VII) per adattarli alle  nuove dimensioni.



Nello stesso portico troviamo anche un'antica statua di Costantino proviene dalla sue terme sul Quirinale.


A chiudere la navata centrale vi è un sontuoso ciborio gotico del 1367, decorato da affreschi di Barna di Siena.
Sotto il ciborio è conservato l'altare papale, che racchiude l'antico altare ligneo delle celebrazioni dei primi papi.
Nel Quattrocento la decorazione interna è affidata ai due maggiori esponenti dell'arte tardo-gotica, Pisanello e Gentile da Fabriano.
Il transetto è un interessante esempio di manierismo romano del tardo cinquecento.
Il prezioso soffitto ligneo dorato della navata centrale risale alla seconda metà del '500.
Delle metà del Seicento è il già citato intervento del Borromini.
La zona del presbiterio e dell'abside è stata rifatta nella seconda metà dell'800 da Francesco Vespignani, che ha ripetuto, senza alterarlo, lo schema originale dell'abside antica. In seguito a tale rifacimento è stato trasportato e pesantemente restaurato il mosaico che decora la semicalotta absidale, eseguito verso il 1290 da Jacopo Torriti.






Il chiostro è un capolavoro di arte cosmatesca, costruito nel 1215-32 dai Vassalletto6 (le volte degli ambulacri furono costruite posteriormente, insieme alla semirustica sopraelevazione ad arcate del loggiato).

L'innovazione di questa  basilica non è data sola dalla sua forma: all'intromissione progressiva del cristianesimo va riconosciuta in un decisivo mutamento delle polarità urbanistiche: non è più la sola area forense centro propulsivo e vitale della città romana, ma molteplici nuovi poli urbanistici, quelli della Roma cristiana, l'aulico complesso lateranense appunto e i santuari suburbani di Pietro e Paolo. Sono questi, ormai da tempo, i nuovi spazi dell'aggregazione collettiva (nel IX secolo troveremo l'area forense completamente privatizzata), situati non nel centro, ma in zone periferiche (anche per non dare troppo fastidio all'aristocrazia pagana).

Era infatti a sud-est della città, in prossimità delle Mura Aureliane -in particolare appena entrati dalla Porta Asinaria- che il cristianesimo, supportato in modo esplicito dall'evergetismo imperiale, si imponeva con una tangibilità senza precedenti in una macroarea acquisita dal demanio imperiale e che aveva assunto, dall'età severiana, caratteri di accentuata militarizzazione con la presenza dei Castra nova degli equites singulares7, sotto l'egida dell'adiacente palazzo imperiale del Sessorium. 
L'intervento di Costantino è ben documentato nella biografia di papa Silvestro nel Liber Pontificalis; Tale "(..)occupazione di spazi periferici per impianti di notevole importanza si inserisce entro una tendenza che si può ritenere in qualche modo tipica dell'urbanesimo tardoantico, dal carattere policentrico(..)che va a privilegiare appunto spazi urbani perimuranei" 8


S.Maria in via Lata

Sono molti gli elementi trionfali nella basilica, ad indicare l'esplicita protezione dell'imperatore, che aveva elargito grandissime donazioni. La macrodonazione al Laterano può essere vista come il "sigillo" di "protezione"imperiale. 

Note:
1. Pietro da Cortona (1596-1669)
2. L'attuale via del Corso
3. Francesco Borromini (1599-1667)
4. F.Guidobaldi "Architettura paleocristiana" p.366 in Lezioni di Archeologia Cristiana, a cura di Fabrizio Bisconti e Olof Brandt, Città del Vaticano 2014.
5. L'uso delle colonne nasce in Grecia per uso religioso, poi si diffonde nell'architettura pubblica e in seguito anche in case private.
6. Trattasi di una famiglia di marmorari, scultori e architetti romani, attivi nella seconda metà del XII e nel corso del XIII secolo.
7. Avevano combattuto con Massenzio.  Non si trattava di una decisione di solo carattere punitivo, ma dettata anche dal fatto che era ormai pericoloso mantenere una Roma militarizzata (gli imperatori venivano ormai eletti dai militari). Anche i castra praetoria con Costantino sono demilitarizzati.
8. L.Spera "La cristianizzazione di Roma: forme e tempi" in Lezioni di Archeologia Cristiana, a cura di Fabrizio Bisconti e Olof Brandt, Città del Vaticano 2014, p.224


Bibliografia:
F.BISCONTI -O.BRANDT (a cura di), Lezioni di archeologia cristiana, Città del Vaticano, 2014
Guida d'Italia - Roma, Touring Club Italiano, 2015

 

Reliquie

 





Cos'è una reliquia? In latino classico la parola reliquiae si riferisce specificatamente ai resti fisici o alle ceneri di un defunto, ma anche a qualsiasi oggetto fosse stato in contatto con esso.






I resti dei santi 


Le origini del culto delle reliquie dei santi va ricercato molto più indietro del Nuovo Testamento: le radici storico-religiose del culto cristiano dei martiri risiedono nella venerazione giudaica delle tombe dei patriarchi, dei profeti, dei giusti.
La questione della derivazione del culto delle reliquie da quello del culto degli eroi merita un approfondimento a parte, ma quel che subito si può dire è che vi sono certamente analogie, ma la reliquia nel mondo cristiano assume valenze nuove, legate alla dottrina della resurrezione della carne, all'incarnazione del Cristo e la sua resurrezione, all'intimità del santo con Dio.




Peter Brown spiega di come il cielo e la terra si unissero nelle tombe dei morti, unendo mondi che in precedenza erano tenuti rigorosamente separati.
I corpi dei santi non erano corpi morti e non emanavano potere da se stessi, ma in virtù di un'unione totale che essi avevano con Dio.
Giovanni Damasceno ( "Damasco, dopo il 650 – Mar Saba, 4 dicembre 749), spiega che i corpi morti possono effettuare miracoli perché, come santi, Dio abita in loro.
Giovanni Crisostomo scrive delle reliquie dei santi:"Non solo le ossa, ma anche le loro tombe e le loro bare tracimano di benedizioni".
San Girolamo affermava "Noi non adoriamo le reliquie dei martiri, come adoriamo il sole, la luna, e nemmeno gli angeli[...]li adoriamo bensì per onorare Colui di cui sono testimoni"

La credenza nel potere degli oggetti appartenuti ad un santo la si trova non solo negli Atti degli Apostoli (19,11-12) - dove fazzoletti e grembiuli appartenuti a San Paolo scacciavano malanni e demoni- ma nei Vangeli stessi. In Mc 5, 25-29 si legge:

25 Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: 28 «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». 29 E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.

Persino dall'ombra di Pietro si chiedevano miracoli, come si legge in Atti 5, 12-16:

"Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; 13.degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. 14.Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore 15.fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro."





">I martiri sepolti nelle catacombe erano oggetto di visita ed è a partire soprattutto dalla metà del IV secolo che di questi sepolcri vi è una trasformazione in senso monumentale. Solo il sepolcro di San Lorenzo, uno dei santi più venerati della città, già sotto il regno di Costantino lo vediamo interessato da una serie di interventi strutturali importanti, mirati non solo ad abbellirne l'aspetto, ma anche a facilitarne la frequentazione da parte dei devoti. 



E' infatti il pontificato di Papa Damaso (seconda metà del IV secolo) che si caratterizza per gli interventi monumentali sulle tombe dei martiri. Egli arrivò anche a comporre oltre 60 iscrizioni metriche per i martiri della città, le quali fece apporre sulle loro tombe, incise in grandi lastre di marmo. Tale promozione del culto portò ad un incremento dei pellegrinaggi presso le tombe dei martiri e dei santi.Vediamo in questo periodo un allargamento degli ambienti che ospitavano le tombe venerate, per  favorire la frequentazione e la creazione di percorsi di visita che portavano i fedeli direttamente presso le tombe. Vediamo anche crescere in questo periodo il fenomeno delle sepolture ad sanctos: si credeva infatti che la vicinanza al sepolcro di un martire comportasse un qualche beneficio ai fini della ricompensa eterna, grazie all'intercessione del santo, arrivando a rinunciare ad un sepolcro individuale, condannando all'anonimato la propria sepoltura, pur di beneficiare della vicinanza di una tomba venerata. 
S. Agostino spiega infatti che le preghiere che rivolgevano ai martiri presso le loro tombe erano di grandissimo giovamento anche ai defunti sepolti nei pressi. 



Noi visitiamo i nostri morti, conserviamo dei loro ricordi, che hanno per noi un significato. I corpi  e gli oggetti appartenuti o legati ai martiri appartengono a tutti, sono per tutti e le guarigioni e i miracoli compiuti attraverso di essi sono anche segno che loro, graditi a Dio, intercedono per i vivi. Scrive infatti Sant'Agostino nel De civitate Dei che producendo miracoli la reliquia di un martire mostrava che Dio ne aveva riconosciuto la fede. 
Il miracolo non è il fine, ma il segno. 









La prima immagine della Vergine Maria

  E' dalle catacombe romane che ci proviene la maggior parte delle più antiche testimonianze di arte cristiana. 

Occorre dire che fino a tutto il II secolo perdurarono necropoli miste: non esistevano infatti aree cimiteriali esclusivamente cristiane o comunque connotate in senso cristiano. E' solo con il finire del II e l'inizio del III secolo che inizieranno ad esserci cimiteri collettivi specificatamente cristiani (non necessariamente sotterranei) nei centri del mondo antico.
Se inizialmente vi era fra i seguaci di Cristo un atteggiamento aniconico - divieto probabilmente derivante dalla legge del Decalogo, in connotazione antidolatrica - a fine II secolo d.C ci troviamo in presenza di un'iconografia pagana reinterpretata in chiave cristiana, e ben presto i cristiani svilupperanno un repertorio proprio (pur mantenendo in parallelo l'uso di elementi profani). Ed è proprio alla prima metà del III secolo che si fa risalire una delle prima immagini note della Madonna.





Tale raffigurazione è stata rinvenuta nelle catacombe di Priscilla 1 e appartiene a quella serie di immagini non di contenuto storico/narrativo, ma dottrinale.
La Vergine, che veste una lunga tunica ed ha il capo coperto da un corto velo, siede su un sedile senza spalliera e guarda il bambino in grembo, accostato al petto di lei (una scena di allattamento?).
Su chi sia l'altro personaggio della scena vi sono varie interpretazioni. 
L'uomo, che ha un rotolo nella mano sinistra, mentre con la destra indica una stella a sei punte2 appena al di sopra della coppia Madre-Figlio, è stato interpretato già nell'Ottocento come un profeta. 
L'ipotesi di Isaia, proposta dal Wilpert, non trova d'accordo la maggior parte degli studiosi. E. Krishbaum fa notare che Balaam è l'unico ad aver profetizzato la nascita del Redentore in relazione ad una stella. Tale raffigurazione sarebbe infatti un rimando alla sua profezia, in Nm 24,17 "Io già lo vedo, ma non da vicino: un astro spunterà da Giacobbe, uno scettro sorgerà da Israele. Egli schiaccerà le tempie di Moab, trafiggerà i figli di Set". 
Tale versetto, che si riferisce alla nascita del re, è stato infatti poi letto in chiave messianica. 

Con quest'immagine, dunque, si intenderebbe affermare che Gesù è veramente il Messia, il Figlio di Dio nato dalla Vergine, annunciato dalle profezie. 







Note
1. Molte delle catacombe che conosciamo prendevano il nome della persona che aveva donato alla comunità cristiana il terreno su cui sviluppare l'area cimiteriale.
2. Non tutti gli studiosi sono però concordi sul numero delle punte della stella.


BIBLIOGRAFIA
  • M.G. MUZJ, La prima iconografia mariana (III-IV secolo).
  • E. DEL COVOLO – A. SERRA ( a cura di ), Storia della mariologia, vol.1, Città Nuova, 2009
  • L.HETLING – E. KIRSHBAUM, Le catacombe romane e i loro martiri, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma, 1996.
  • F.BISCONTI -O.BRANDT (a cura di), Lezioni di archeologia cristiana, Città del Vaticano, 2014
  • C.PAVIA, Guida delle catacombe romane -Dai Tituli all'Ipogeo di via Dino Compagni.