mercoledì 30 gennaio 2019

Il Colosso di Nerone


All’interno del vestibolo della Domus Aurea, la residenza dell'imperatore Nerone, si innalzava un colosso bronzeo che lo raffigurava, opera del greco Zenodoro.1 
Era alto fra i 30 e i 35 metri, senza contare basamento, anch’esso con rivestimento bronzeo, con altezza di  circa 11 metri (sembra che il colosso di Rodi ne fosse alto 32).  
«Qui, dove un colosso stellato vede più da vicino gli astri
 E dove altissime macchine sceniche ingombrano la via 
Si irradiavano gli atri odiosi di un re crudele. 
Quando una sola casa occupava tutta la città», scrive Marziale.2 
Svetonio non ne dà una descrizione dettagliata, scrivendo solo che «per dare un’idea della sua estensione e del suo splendore [della Domus Aurea], sarà sufficiente dire questo: aveva un vestibolo in cui era stato eretto un colosso a sua sembianza [di Nerone]»3 

E’ dunque incerto se abbia avuto la corona radiata sin dall’inizio o se sia stata aggiunta in occasione della consacrazione al Sole sotto Vespasiano. 4  Considerando però altre  immagini di Nerone con la corona radiata, come quelle nella monetazione (fig. 1), è altamente probabile che il restauro di Vespasiano abbia riguardato solamente le fattezze fisionomiche. 5 



1. Dupondio di Nerone: sul diritto ritratto dell’Imperatore con la corona radiata (S. ENSOLI, I colossi di bronzo a Roma in età tardoantica: dal colosso di Nerone al colosso di Costantino. A proposito dei tre frammenti bronzei dei musei capitolini in Aurea Roma: dalla città pagana Alla città cristiana – catalogo della mostra 22 dicembre 2000 – 20 aprile 2001, 2000, p. 68)
In seguito Adriano spostò il Colosso per far posto al Tempio di Venere e Roma e per l’impresa pare che impiegò ben 24 elefanti. 6  

Della statua  abbiamo raffigurazioni monetali dell’epoca di Alessandro Severo e Gordiano7 (fig. 2).  

2.Multiplo di Gordiano III (238 – 244 d.C. ): sul rovescio l’Anfiteatro, il Colosso del Sole e, davanti, la Meta Sudans. (S. ENSOLI, I colossi di bronzo a Roma in età tardoantica: dal colosso di Nerone al colosso di Costantino. A proposito dei tre frammenti bronzei dei musei capitolini in Aurea Roma: dalla città pagana Alla città cristiana – catalogo della mostra 22 dicembre 2000 – 20 aprile 2001, 2000, p. 69) 

Non si sa con certezza che fine abbia fatto: potrebbe essere andato distrutto nel sacco di Roma del 410, oppure caduto in un terremoto che Roma subì nel V secolo, ed il suo metallo riutilizzato. 8






Note 

1. Era probabilmente di origine asiatica e viene ricordato da Plinio (XXXIV, 45)  per aver realizzato un altro colosso, nel santuario degli Arverni in Gallia, della divinità nazionale assimilata a Mercurio. 
2. MART., II 
3. SUET., VI, 31 
4. Ivi, VIII, 18 
5. ENSOLI 2000, p. 68 
6. SHA I, 19, 12 Con il nome Scriptores historiae Augustae viene comunemente designata una raccolta di trenta biografie imperiali (alcune delle quali costituiscono gruppi di più vite) che abbracciano il periodo compreso fra il 117 d.C. (ascesa al trono di Adriano) e il 284 – 285 d.C. (fine del regno di Carino e Numeriano). Esse furono scritte, secondo quanto si ricava da dediche e indirizzi diretti rivolti agli imperatori regnanti in varie parti dell’opera, in epoca diocleziana – costantiniana (285 – 337 d.C.), e sono attribuite dalla tradizione manoscritta a sei diversi autori: Aelius Lampridius, Aelius Spartianus, Flavius Vopiscus, Iulius Capitolinus, Trebellius Pollio, Vulcacius Gallicanus.  
7. SEGALA 1999, p. 11 
8. ALBERTSON 2001, p. 95


Bibliografia

GAIO SVETONIO TRANQUILLO, De vita duodecim Caesarum 
E. SEGALA, I. SCIORTINO, Domus Aurea, Milano, 1999 
S. ENSOLI, I colossi di bronzo a Roma in età tardoantica: dal colosso di Nerone al colosso di Costantino. A proposito dei tre frammenti bronzei dei musei capitolini in Aurea Roma: dalla città pagana Alla città cristiana – catalogo della mostra 22 dicembre 2000 – 20 aprile 2001, 2000, pp. 66 – 90
MARCO VALERIO MARZIALE, Liber de spectaculis 
Scriptores historiae Augustae 

lunedì 7 gennaio 2019

Saluto a Roma


« Exaudi, regina tui pulcherrima mundi,
inter sidereos, Roma, recepta polos;
exaudi, genetrix hominum
genetrixque deorum:
Non procul a caelo per tua templa sumus.
Te canimus semperque, sinent
dum fata, canemus:
Sospes nemo potest 
immemor esse tui.
Obruerint citius scelerata oblivia solem
quam tuus e nostro corde recedat honos.
Nam solis radiis aequalia munera tendis,
qua circumfusus fluctuat Oceanus;
volitur ipse tibi, qui continet omnia, Phoebus
eque tuis ortos in tua condit equos.
Te non flammigeris Libye tardavit arenis;
non armata suo reppulit ursa gelu:
Quantum vitalis natura tetendit in axes,
tantum virtuti pervia terrae tuae.
Fecisti patriam diversis gentibus unam;
profuit iniustis te dominante capi;
dumque offers victis proprii
consortia iuris,
Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »


(Rutilio Namaziano, De Reditu suo, Liber I)







« Del tuo mondo, bellissima

regina, o Roma, ascolta;
ascolta, nell’empireo
ciel accolta
madre, non pur degli uomini
ma d’ celesti. Noi
siam presso al cielo per i templi tuoi.
Ore te, quindi cantisi
sempre, finché si viva;
dimenticarti e vivere
chi mai potrebbe, o diva?
prima del sole negli uomini
vanisca ogni memoria,
che il ricordo, nel cuor, della tua gloria.
Già, come il sol risplendere
per tutto, ognor, tu sai.
Dovunque il vasto Oceano
ondeggia, ivi tu vai.
Febo che tutto domina
si volge a te: da sponde
romane muove, e nel tuo mar s’asconde.
Co’ suoi deserti Libia
non t’arrestò la corsa;
non ti respinse il gelido
vallo che cinge l’Orsa;
quanto paese agli uomini
vital, Natura diede,
tanta è la terra che pugnar ti vede.
Desti una patria ai popoli
dispersi in cento luoghi:
furon ventura ai barbari
le tue vittorie e i gioghi;
ché del tuo diritto ai sudditi
mentre il consorzio appresti,
di tutto il mondo una città facesti. »

(Trad. Giosué Carducci)