martedì 3 maggio 2022

Dèi vs Giganti

Pergamo, l'odierna Bergama in Turchia. 

La storia del ritrovamento di una magnifica struttura di epoca ellenistica inizia nella seconda metà dell'Ottocento con dei lavori stradali: l'ingegnere tedesco Humann, incaricato della costruzione di alcune strade dall'allora amministrazione locale, osservando il forte di epoca bizantina si rende conto che i meravigliosi fregi inglobati in esso sembrano appartenere ad un monumento diverso, forse più antico dello stesso forte. 

Dopo ben dieci anni -siamo nel 1878- riesce ad ottenere dei finanziamenti dal museo di Berlino per una campagna di scavo, che dà grandi risultati. 

Per un accordo stipulato col sultano, parte dei frutti di questa campagna vengono portati al museo di Berlino, dove tuttora si trovano. 

Pergamo 

Pergamo sorge su massiccio di andesite, sulla cui sommità si erano stabiliti quelli che sono passati alla storia come gli "Attalidi", dal nome di Attalo I, regnante dal 241 al 197 a.C. 

La città ebbe un eccezionale sviluppo urbanistico ed architettonico. Fu un grande centro culturale (la sua biblioteca fu in grado di rivaleggiare con quella di Alessandria).

Il regno si era formato con la secessione di Filetero e si era reso indipendente dalla Siria di Antioco I nel 263 a.C. sotto Eumene I, ma il titolo di re venne assunto dal successore, Attalo I, che nel 230 sconfisse al fiume Caico i Galati, alleati di Antioco Ierace. 

Il regno riuscì a mantenere a lungo la sua indipendenza dapprima con l'alleanza  dei Lagidi e in seguito con quella con Roma. 

L'altare

Le grandiose lastre marmoree rinvenute nella campagna di scavo tedesca facevano parte in origine di un monumento grandioso, la cui impronta di ben 35 metri quadrati è visibile ancora oggi in situ. Si tratta di un altare monumentale, la cui costruzione ha richiesto circa una generazione per essere eseguita, impiegando decine di scultori (non fu mai completamente portata a termine). 



Il primo fregio: dèi vs giganti

Attorno al podio si estendeva un fregio scolpito, alto più di 2 metri, di donne e uomini impegnati in un combattimento, una gigantomachia che scorre lungo l'alto zoccolo, articolandosi in 120 metri.  

La battaglia rappresentata è l'assalto all'Olimpo da parte dei Giganti, aizzati dalla madre Gea e dai Titani. 

La gigantomachia rappresentata sul nostro altare segue la particolare interpretazione, esiodea, elaborata secondo i canoni del filologo Krates di Mallos, fondatore della biblioteca della città. L'ordine di comparizione degli dèi si basa infatti su una precisa genealogia che risponde ad una precisa scelta filologica. Ad est sono rappresentati gli dèi dell'Olimpo, a nord quelli della notte, a sud quelli del giorno e della luce, ad ovest quelli del mare e Dionysos

Le figure si esaltano con luci e ombre in forte contrasto: il fregio, per essere esposto direttamente alla luce, ha un aggetto notevole. 


I giganti sono rappresentati enormi, con tratti animaleschi. 

Gli assalitori rappresentavano un popolo del nord che minacciò i Greci dell'Egeo per circa un secolo, i Galli, che avevano attaccato una città della Grecia centrale nel 279 a.C. 

Pausania, descrivendo un loro attacco ad una città della Grecia centrale, scrive che tutti gli uomini furono da questi passati a fil di spada e i vecchi massacrati, così come i bambini ancora nelle braccia delle madri e dei più paffuti di questi i Galli avrebbero bevuto il loro sangue e mangiato le loro carni.1

Alla fine è Zeus ad avere la meglio sulla razza primitiva.

Il tema della gigantomachia aveva assunto il significato di lotta di Greci contro Barbari nel corso del V secolo a.C., dove i giganti alludono al nemico persiano. Celebre è la rappresentazione di una gigantomachia con questa chiave di lettura sullo scudo dell'Atena Parthènos, statua collocata nel nàos del Partenone. 

Attalo I e il figlio Eumene II avevano sconfitto i Galli in battaglia, guadagnandosi la gratitudine dei popoli stabilitisi sulla costa occidentale della Turchia. Fu proprio Eumene II a commissionare questo altare. La rappresentazione di questa battaglia era dunque una celebrazione del re di Pergamo. 

L'altare fu dedicato a Zeus Soter, Zeus Salvatore e Athena Nikephoros, portatrice di vittoria ed  era situato in una terrazza quadrangolare, tra il santuario di Athena poliàs e l'agorà superiore della città. 

Al santuario si accedeva attraverso un propylon sul lato orientale, ma la fronte dell'altare era rivolta a ovest, verso la pianura.

Il secondo fregio e la kontinuirliche Darstellungsweise

Addossato alle parenti del recinto si estendeva per 87 metri un secondo fregio su cui erano rappresentate le storie del mitico fondatore di Pergamo, Telephos

Si tratta di un mito molto antico. 

Singolare è la narrazione di momenti diversi, su uno stesso rilievo, delle gesta di un eroe. Siamo qui in presenza di quella che la scuola di Vienna ha definito come "rappresentazione continua -kontinuirliche Darstellungsweise  - ossia quel  modo di comporre, in pittura o scultura, scene animate da figure, rappresentando vari episodi successivi di una medesima "storia" entro lo stesso sfondo e senza suddivisioni mediante cornici o altro. 2

Gli stessi personaggi ritornano in vari episodi rappresentati senza soluzione di continuità.

Un esempio forse più noto di questo tipo di rappresentazione è quello della Colonna Traiana a Roma, in cui sono rappresentati diversi episodi di una campagna militare, quella di Traiano contro i Daci, in cui l'imperatore e altri personaggi ritornano più volte in diversi episodi. 

Questo modo di comporre lo si trova anche nei sarcofagi cristiani del IV secolo. 

Non si tratta dunque di un'invenzione dell'arte romana, ma è già presente nel fregio dell'Eretteo dove la figura del protagonista ritorna più volte in episodi diversi. 

Per dirla tutta, tale tipo di rappresentazione si trova in germe, in casi isolati, non sviluppati in tutta la scena raffigurata, anche in momenti precedenti come nei rilievi della spedizione di Ramesses II contro Qadesh, a Luxor ed Abu Simbel. 

Trovò grande sviluppo in epoca imperiale romana e poi nell'arte medievale europea. 

Note

1.Tagliarono a pezzi tutti i maschi, e similmente i vecchi uccisero, e i bambini sulle mammelle delle loro madri, e dopo avere uccisi quelli di essi, che più pingui erano pel latte, ne bevevano i Galli il sangue e le carni gustavano (Pausania, Periegesi della Grecia, Libro Decimo,22,2 - trad. A.Nibby

2. https://www.treccani.it/enciclopedia/rappresentazione-continua_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/

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