domenica 7 ottobre 2018

Le sembianze del Male

"Oh quanto parve a me gran meraviglia
quand'io vidi tre facce a la sua testa!
L'una dinanzi, e quella era vermiglia;
l'altr'eran due, che s'aggiugnieno a questa
sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla,
e sé giugnieno al loco de la cresta:
e la destra parea tra bianca e gialla;
la sinistra a vedere era tal, quali
vegnon di là onde 'l Nilo s'avvalla.
Sotto ciascuna uscivan due grand'ali,
quanto si convenia a tanto uccello:
vele d ma non vid'io mai cotali.
Non avean penn, ma di vipistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,
sì che tre venti si movean da ello:
quindi Cocito tutto s'aggelava.
Con sei occhi piangea, e per tre menti
gocciava 'l pianto e sanguinosa bava".
XXXIV canto dell'Inferno di Dante (1265-1321), vv. 37-54

Il Diavolo al centro del Cocito, illustrazione di Gustave Doré (1832-1883)

Quando il Diavolo inizia ad essere rappresentato secondo quella che oggi è l'immagine classica, connotata da corna, coda e ali da pipistrello? Innanzi tutto occorre dire che non da subito l'iconografia va a rappresentare questo personaggio con tali connotati: sia il primitivo giudaismo, sia l'arte paleocristiana lo raffigurano sotto forma di serpente, aspide, leone. 
Inoltre la frequenza nelle rappresentazioni non è però ampia come lo diventerà a partire dall'XI secolo, quando i portali delle chiese, i fogli dei codici si affolleranno di demoni e  il Diavolo inizierà ad assumere quei connotati di bruttezza e mostruosità che solo poi lo porteranno all'immagine classica: un Demonio con coda, orecchie animali, barba caprina, artigli e zampe da capro. 


Qual è quindi l'origine di tutti questi attributi?
Anzitutto occorre contestualizzare la comparsa della rappresentazione di un Diavolo “antropomorfo” nell'epoca della cosiddetta “arte romanica” (aggettivo coniato dagli storici dell'arte che allude alla matrice romana ancora individuabile in molti aspetti dell'arte  di questo periodo2





Dopo il Mille, infatti,  scultura e architettura conoscono una rapida e generalizzata rinascita in tutto il territorio europeo: i temi rappresentati sono vari e fantasiosi: quelli di carattere religioso sono in genere di ispirazione biblica, preferendo la Genesi, la vita di Cristo e il Giudizio Universale, ma anche singoli santi, angeli e profeti.







Si sviluppa così in questo periodo anche un fantasioso repertorio di mostri e bestie infernali: tali raffigurazioni davano al popolo analfabeta la visione cristiana del peccato sotto le forme repellenti dei demoni pagani, come nei capitelli della chiesa de La Madeleine a Vezelay, in Francia e risalenti al XII secolo3
O come anche il piccolo ghignante diavolo in bilico su uno dei capitelli di Autun o il demonio peloso dai lunghi capelli presso la cattedrale di Reims. Ne sono solo alcuni esempi.
Qui vediamo chiaramente di come il demonio assuma caratteri mostruosi: vi è infatti un'esasperazione dei tratti fisiognomici: le bocche sono spalancate oltre misura e vediamo spuntare sul suo capo delle corna. 
“La bocca riveste un'importanza particolare nell'immagine diabolica; è ampiamente aperta, contratta in una smorfia animalesca, smisurata, spalancata per far uscire la lingua (…), o addirittura totalmente deformata (…). Reminescenza delle fauci del Leviatano, simbolo del luogo infernale, la bocca esprime il suo potere minaccioso"4

Vi è inoltre un'accentuazione della nudità, considerata degradazione.
L'apparizione di mostri e demoni è più frequente di quella di santi o di angeli. Le astuzie del Maligno sono innumerevoli e colpiscono l'immaginazione, e visioni diaboliche ossessionano gli spiriti e vengono scolpite nella pietra"5

Alla base di tali caratteristiche vi è l'idea della mostruosità del peccato, manifestata con il rovesciamento dei connotati umani. Il diavolo è privo di quella bellezza e armonia e perfezione, caratteristica della natura umana e angelica non contaminata dal peccato: vi è in lui una deformazione di tale natura (tradizionalmente il Demonio era considerato l'angelo più bello).
Scrive il Sommo Poeta nel XXXIV canto dell'Inferno ai vv.34-36.

'S'el fu sì ben com'elli è ora brutto,
e contra 'l suo fattore alzò le ciglia,
ben dee da lui procedere ogni lutto”

Le solide mura delle chiese romaniche parlavano all'uomo della storia dell'umanità, del premio e del castigo, permettendogli di comprendere gli infiniti pericoli a cui andava incontro quando si abbandonava agli interessi e ai piaceri terreni.
Il clero utilizzava le immagini come strumento di riflessione e la lotta tra bene e male, tra santità e peccato, si traduceva in immagini, in simboli e allegorie: l'ideale delle arti figurative di epoca romanica era il soprannaturale, ciò che era invisibile ai sensi6 “Per gli uomini del XII secolo soltanto simboli e immagini saranno adeguati a rendere possibile la comunicazione (…) il simbolo si presenta dunque come un segno. E' segno dell'invisibile, dello spirituale"7  inoltre “esiste nell'anima popolare medievale una ricerca del meraviglioso(...)"8 Nello specifico delle caratteristiche che andrà man mano ad assumere, possiamo dire che mentre inizialmente le ali del demonio erano quasi piumate come quelle degli angeli, è solo dal XII secolo che iniziano ad apparire le ali da pipistrello, derivate dai draghi cinesi, che ritroviamo nei rotoli di Li Long Mien, risalenti alla seconda metà dell'XI secolo.

Lucifero, Giotto (Cappella degli Scrovegni, Padova)

Nel XIV secolo gli artisti trassero ispirazione per le loro rappresentazioni del Diavolo dalla figura del Satiro9 cristiani ricorrono così alle fonti classiche, suffragate da commentari teologici (San Girolamo definì i satiri e i fauni simboli del Diavolo, demoni lascivi). Assegnando al Diavolo corna e zoccoli hanno inteso evidenziarne il terrore e la mostruosità. Pan è mezzo uomo e mezzo capro, spesso rappresentato con un grande fallo, aveva le orecchie a punta dei capi e, in genere, la barba folta10: è la forma umana contaminata, degradata a caratteri bestiali.




Inoltre un essere metà uomo e metà bestia ben esemplifica l'ambiguità tipica del Maligno11

Monaco caccia i diavoli dal monastero,
miniatura da salterio, 1330-40 – Londra
San Volfango e il Diavolo, 
di Michael Pacher seconda metà del XV secolo.

“Spinto dall'esigenza di assimilare i demoni alle immagini del paganesimo, il cristianesimo scelse un'iconografia che materializzasse tutta la bruttezza e la perversione del male"12


Il peccato porta infatti sempre a una degradazione della natura umana secondo le tre disposizioni condannate nell'Etica Nicomacheaincontinenza (mancanza di misura), malizia e matta bestialitade, come ricorda Virgilio a Dantenel VII cerchio dell'Inferno.

Non ti rimembra di quelle parole
con le quali la tua Etica pertratta
le disposizion che 'l ciel non vole, 

incontinenza, malizia e la matta
bestialitade? e come incontenenza
men Dio offende e men biasimo accatta?

(Inferno, XI, 79-84)

La fattezze animalesche e bestiali con cui il Diavolo viene rappresentato sono dunque il simbolo, il segno visibile di una natura spirituale corrotta dal peccato, immagine tangibile della bruttezza del peccato stesso, sprone a scegliere la via del Bene, della Virtù e della Bellezza. 





Note:
1. A. M. CRISPINO – F. GIOVANNINI – M. ZATTERIN, Il libro del Diavolo: le origini, la cultura, l'immagine, 1986, p.133
2. G.CRICCO – FRANCESCO P. DI TEODORO, Itinerario nell'arte, vol 1- Dalla Preistoria all'età gotica, 1996, p.193
3. Ivi, p.208-209
4. Enciclopedia dell'arte medievale Treccani (1994), alla voce Diavolo.
5. M.M.DEVY, Il simbolismo medievale, 1998, p. 62
6. Il Basso Medioevo-Il Romanico. Il Gotico, ed. DeAgostini, 1990, p.108
7. M.M.DEVY, Il simbolismo medievale, 1998, p.107
8. Ivi, p.61
9. JAMES HALL, Dizionario dei soggetti e dei simboli nell'arte, di James Hall,1993, alla voce Satana
10. LUTHER LINK, Il Diavolo nell'arte, 2001, p.48
11. A. M. CRISPINO – F. GIOVANNINI – M. ZATTERIN, Il libro del Diavolo: le origini, la cultura, l'immagine, 1986, p. 133
12. A. M. CRISPINO – F. GIOVANNINI – M. ZATTERIN, Il libro del Diavolo: le origini, la cultura, l'immagine, 1986, p.133

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