sabato 13 ottobre 2018

Politica d'immagine neroniana

L’immagine che Nerone voleva dare di sé non era disconnessa dal suo programma politico. L'imperatore romano si considerava un artista, un dinasta ellenistico, un Apollo. «Quale artista muore con me!»,1 si sarebbe rammaricato poco prima di morire. E doveva essere vero, se persino Svetonio, che aveva trovato negli archivi imperiali manoscritti con dei versi di Nerone, li giudicò originali. 2 Il ruolo dell’artista, però, mal si accordava con quello di imperatore, essendo il primo un elemento ai margini della società. 

Quelle a cui Nerone dava la sua preferenza non erano la materie consuete per un aristocratico: si interessava infatti non solo di poesia, ma anche di musica e architettura, discipline ritenute indegne di un nobile romano, così come anche pittura e scultura. Significativo era il modo in cui portava i capelli: ondeggianti e lunghi fino alle spalle secondo una moda ricorrente tra gli aurighi, gli attori e, in genere, le persone di basso ceto. 3

Una volta salito al trono, Nerone cercò di realizzare quello che la madre, il prefetto del pretorio Afranio Burro e Seneca avevano cercato di impedirgli prima. Delle arti che amava egli non fu solo spettatore, tanto ad un certo punto arrivò persino ad esibirsi in pubblico, come citaredo e auriga durante gli Iuvenalia (59 d.C.).4 Nel 60 istituì delle feste in stile greco, in seguito chiamate Neronia, che dovevano essere celebrate con cadenza quinquennale. Alla parte artistica del programma, seguendo la tradizione greca, appartenevano recite ed esibizioni musicali; del tutto inusuali per i Romani erano invece le competizioni atletiche, in cui i partecipanti si esibivano nudi. La prima replica dei Neronia era fissata per il 64, ma il momento era inopportuno, a causa dell’incendio; così la celebrazione fu rimandata al 65. I timori di molti senatori si realizzarono, quando Nerone debuttò in prima persona. 

Forse il suo non era però mero esibizionismo, ma faceva parte di un particolare programma politico: guadagnare popolarità tra la plebe di Roma, e probabilmente mostrare al senato la propria libertà di decisione. 5 Non tutti però concordano sul fatto che le iniziative filoelleniche e le sue esibizioni personali perseguissero il fine educativo di rendere familiari elementi della cultura greca che fino ad allora avevano avuto scarsa attenzione a Roma. Ad esempio lo storico J. Malitz ritiene che «difficilmente questo scopo poteva essere raggiunto nei modi egocentrici scelti dall’Imperatore». 6

Nerone non ruppe i canoni solo per via delle sue passioni non convenzionali per un imperatore – e delle conseguenti manifestazioni pubbliche – ma anche per via della sempre maggiore impostazione teocratica data al suo potere. 7 Egli, infatti, cercò di far accettare ai Romani una nuova e molto diversa scala di valori, mirando ad affrancare questi ultimi dai tabù dei loro antenati, con la creazione di un nuovo codice socio –culturale e lo sconvolgimento delle antiche istituzioni. 8 Inizialmente desiderava apparire come un moderato – anche in province come l’Egitto - rifiutando alcune manifestazioni troppo esplicite di divinizzazione, come accettare la dedica di un tempio o di un santuario, ma non ne rifiutò altre come la sua statua portata in processione. 9 In Grecia sarà proclamato sotér ed euergétes. 10 Altri segni di questa adorazione si possono ravvisare nell’iscrizione di Ptolemaia del 60 o nella monetazione alessandrina nel 62/63 in cui Nerone viene definito o sotér tes oikouménes , mentre nelle monete di Kyme e Synaos in Asia minore è definito senza mezzi termini theós

La mistica dell’areté regale ed ellenistica non si limitò al solo Egitto e alle regioni orientali, 11 ma si propagò nelle province settentrionali, come testimonia la colonna di Magonza, 12che dall’iscrizione sappiamo eretta –probabilmente nel 58 – per la guarigione di Nerone.
Questa colonna è stata definita un inno imperiale, in quanto tutte le rappresentazioni con le divinità preferite dall’Imperatore, tutti i simboli più diffusi vi sono riuniti a testimoniare come ormai l’imperatore tenga in sé i destini del mondo. 13 Nel decreto di Akraiphiai per la libertà dei Greci Nerone viene definito o tou pantós kósmou kúrios, nonché Néos Helios. 14 Nerone tenderà sempre maggiormente all’ideale del basiléus ellenistico, adottando anche alcuni elementi della liturgia aulica ellenistica, espressione concreta della dottrina teocratica, e favorendo l’adorazione che gli veniva tributata presentandosi come un dio vivente. 15
Questa svolta in senso autocratico ad un certo punto uscì dai confini provinciali: nel 66, nelle celebrazioni della sottomissione dell’Armenia  16 svoltesi a Roma, Tiridate prende dalle mani di Nerone la corona, prostrandosi a lui come si fa di fronte a un dio, riconoscendolo signore del mondo. Pur rimanendo in alcuni ambiti un moderato –come quando a Roma si voleva erigere un tempio in suo onore – Nerone finì dunque per favorire l’adorazione che gli veniva tributata presentandosi come un dio. 17

La concezione che Nerone aveva di sé e del suo ruolo e questa svolta in senso teocratico si rifletteva nella sua politica d’immagine. E’ del 59 la creazione di un nuovo ritratto con cui rinnovò profondamente l’immagine imperiale, aderendo ai modelli ellenistici. 18 Inoltre l’esordio di Nerone sulla scena come citaredo e attore, nel 65, produsse nuove immagini estranee alle consuete iconografie imperiali. Svetonio infatti riferisce che al ritorno dalla Grecia, potevano vedersi rappresentazioni dell’Imperatore in alcune statue e nella monetazione in veste di citaredo – Apollo 19 (fig.1), quindi di un Nerone divinizzato. Infatti, oltre a riferirsi alla sua vocazione artistica, questo apollineismo avrebbe anche avuto la funzione politica di esaltare la teocrazia solare. 20


           1. Nerone raffigurato come Apollo con la lira. 
              Asse in oricalco, 64/65 d.C. 
              (E. CIZEK, La Roma di Nerone, 1986 – apparato illustrativo) 

Dall'assimiliazione ad Apollo e l'accostamento al Sole il passo era breve: segno di questo mutamento nel tipo ritrattistico è l'adozione della corona radiata, indossata per la prima volta nel 64(fig.2).

2. Aureo raffigurante Nerone in toga stante e radiato 
(M. CADARIO, Nerone e il potere delle immagini, in Nerone, a cura di M. A. TOMEI, R. REA, 2011, p. 183) 


Il ritratto di questo imperatore doveva illustrarne il potere benefico, indicando in Nerone l'artefice di una nuova età dell'oro. La scelta della corona radiata, un indubbio attributo solare che caratterizzava però anche l'immagine ufficiale del Divo Augusto, doveva puntare in effetti molto sull'ambiguità di un simbolo che era ormai considerato anche un attributo del princeps divinizzato. 21

Più del nuovo Apollo, Nerone sarebbe dunque innanzitutto il nuovo Sole, risplendente sul mondo romano ed ellenistico: in altre parole saremmo in presenza di "un'eliolatria" all'egiziana. 22
A questo allude Seneca quando scrive:"Una gran luce è rivolta in te e tutti gli sguardi sono rivolti verso di essa. Tu credi di uscire? In realtà sorgi!". 23L'identificazione col sole nascente la attinge dagli Egizi, che così designavano i loro faraoni. 24
Un altro segno dell'identificazione Nerone-Sole è dato dall'altare di Eumolpo, uno schiavo che lavorava per la Domus Aurea(fig.3)

  

                          3. Altare di Eumolpo (M. CADARIO, 
                          Nerone e il potere delle immagini, in Nerone, 
                          a cura di M. A. TOMEI, R. REA,2011, p. 183


Si tratta di un altare privato al cui centro l'immagine radiata del Sole è però caratterizzata dal volto di Nerone e dal costume di auriga. 25

Ed è poprio nella Domus Aurea che si offre una rappresentazione monumentale di questa concezione, nel colosso raffigurante il Sole inserito nel vestibolo. 

"La concezione d'insieme [della Domus Aurea], che aveva la pretese di riunire le diverse facce dell'universo in un microcosmo interamente dominato, è espressione della megalomania di Nerone e di una mistica solare probabilmente ereditata dall'Egitto. Ma non va dimenticato che questo rientrava nella logica dell'evoluzione politica ed ideologica dell'Impero. L'originalità di Nerone è di aver realizzato a Roma ciò che Adriano (con una prospettiva più "culturale" che "cosmologica") avrebbe realizzato fuori dalla città con la sua villa di Tivoli. 26 

In conclusione: Nerone vedeva se stesso come un innovatore, un instauratore di una nuova età dell'oro, colui che educa il rozzo popolo romano al gusto greco, un dinasta ellenistico, colui che merita di essere assimilato ad un dio. E l'abitazione di un simile personaggio, che si ritiene eccezionale, non può che essere eccezionale anch'essa: la Domus Aurea, con terreno annesso, si estendeva a occupare gran parte della città: mai, né prima, né dopo, un sovrano riuscì ad avere un così grande spazio all'interno della Capitale. 


Note:
1. GAIO SVETONIO TRANQUILLO, De vita duodecim Caesarum , VI, 49
2. Ivi, 52
3.   M. FINI, Nerone –duemila anni di calunnie, 2009, p. 21
4. Fino alla morte di Agrippina l’arte di Nerone era rimasta un diletto privato.
5. J. MALITZ, Nerone, Bologna 2003 , p. 48
6. Ivi, p. 49
7.  Augusto non si fece tributare onori divini, ma divinizzando il padre Cesare, veniva ad essere, di fatto, figlio di un dio, quindi un dio egli stesso. Caligola invece li accettò volentieri, avendo cominciato ad attribuirsi la maestà divina. Claudio, suo successore, mise fine al tentativo di orientalizzazione dell’Impero, proponendo un ritorno al tradizionalismo augusteo. 
8.   E. CIZEK, La Roma di Nerone, Milano, 1986 , p. 76
9. Ibidem
10. OGIS (Orientis Graeci Inscripriones Selectae), 668
11. Il particolare legame che Nerone aveva con l’Egitto è dovuto anche al suo rapporto con Cherèmone, lo stoico egiziano che gli aveva fatto da precettore, ma anche con Seneca che lì aveva soggiornato a lungo.
12. In alto sulla colonna sta Giove, sulla base, nei bassorilievi, sfilano Apollo, Ercole, ancora Giove, Vulcano – forse a significare di aver domato l’incendio di Roma – Marte e Nettuno –simboli della vittorie per terra e per mare – Minerva e Mercurio - simboli degli incrementi dati alle scienze, ai traffici, la Fortuna, la Felicitas, la Salus etc (MOMIGLIANO 1992, p. 384)
13. A. MOMIGLIANO, Nono contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico,  a cura di Riccardo di Donato, Roma, 1992 , p. 384
14.   O. MONTEVECCHI, Scripta Selecta, a cura di Sergio Daris, Milano, 1998,p. 128
15. CIZEK 1986, p. 76, 77
16. L’Armenia era collocata tra l’Impero romano e il regno dei Parti ed era quindi particolarmente importante nello sviluppo dei rapporti tra di due stati. Poco dopo la morte di Claudio l’Armenia fu conquistata da Tiridate, fratello di Vologese, re dei Parti. Dopo varie vicessitudini, volendo evitare un conflitto, Tiridate si disse disposto a deporre il proprio diadema davanti ad una statua di Nerone e a dichiarare che lo avrebbe cinto di nuovo soltanto a Roma, ricevendolo dalla mani dell’Imperatore.
17.  CIZEK 1986, P. 77 – 79 L’associazione Nerone – Apollo non era una novità di quegli anni: l’immagine di un Nerone Alter –Apollo si era imposta fin dai primi mesi del suo regno. 
18.  M. CADARIO, Nerone e il potere delle immagini, in Nerone, a cura di Maria Antonietta Tomei e Rossella Rea, 2011, p. 182
19. SUET., VI, 25
20. CADARIO 2011, p. 183
21. CADARIO 2011, p.185
22. CIZEK 1986, p. 79
23.  SENECA, De Clementia  I, 8, 4
24.  CIZEK 1986, p. 79
25. CADARIO 2011, p. 185 L’immagine rimanda alla raffigurazione di Nerone auriga solare mostrata al popolo il giorno della cerimonia dell’incoronazione di Tiridate.
26.  P. GROS - M. TORELLI,  Storia dell’urbanistica - il mondo romano, Bari, 2007, p.216


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